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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 13
 
originale
 
13. Iam de meo iumentario contubernio quid vel ad quem modum memorem? Quales illi muli senes vel cantherii debiles. Circa praesepium capita demersi contruncabant moles palearum, cervices cariosa vulnerum putredine follicantes, nares languidas adsiduo pulsu tussedinis hiulci, pectora copulae spartae tritura continua exulcerati, costas perpetua castigatione ossium tenus renudati, ungulas multivia circumcursione in enorme vestigium porrecti totumque corium veterno atque scabiosa macie exasperati. Talis familiae funestum mihi etiam metuens exemplum veterisque Lucii fortunam recordatus et ad ultimam salutis metam detrusus summisso capite maerebam. Nec ullum uspiam cruciabilis vitate solacium aderat, nisi quod ingentia mihi curiositate recreabat, dum praesentiam meam parvi facientes libere, quae volunt, omne et agunt et loquuntur. Nec inmerito priscae poeticae divinus auctor apud Graios summae prudentiae virum monstrare cupiens multarum civitatium obitu et variorum populorum cognito summas adeptum virtutes cecinit. Nam et ipse gratas gratias asino meo memini, quod me suo celatum tegmine variisque fortunis exercitatum, etsi minus prudentem, multiscium reddidit.
 
traduzione
 
E che dire poi degli animali, dei miei compagni? Che muli decrepiti e che ronzini cadenti! Eran tutti l? con il muso affondato nella mangiatoia a masticare montagne di paglia, il collo pieno di piaghe infette, le narici cascanti e fiaccate da incessanti colpi di tosse, il petto ulcerato per il continuo sfregare della corda di sparto, le costole messe a nudo dalle molte bastonature, gli zoccoli larghi e piatti per l'ininterrotto girare, la pelle, infine, rinsecchita e coperta di croste. Allo spettacolo miserando di quei miei compagni temetti proprio per me e ripensando alla fortuna di quand'ero Lucio, ora che mi vedevo precipitato nel fondo della sventura, chinai il capo e piansi. Nessun conforto in questa vita di tormenti se non quello di poter soddisfare la mia innata curiosit? dal momento che, non dando alcun peso alla mia presenza, ognuno parlava e agiva liberamente. Aveva, infatti, ragione il divino creatore dell'antica poesia greca quando volendo descrivere un uomo di somma saggezza cant? che costui aveva acquistato tutte le virt? visitando citt? e conoscendo i costumi di molte genti.
 

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